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Come funzionano gli ETF obbligazionari

Per capire il funzionamento e l’utilità degli ETF obbligazionari, è necessario prima comprendere il meccanismo che sta alla base degli strumenti che li compongono: le obbligazioni.

Cos’è e come funziona un’obbligazione?

Le obbligazioni appartengono alla categoria dei titoli di debito. Sono prestiti effettuati da chi acquista le obbligazioni a chi le emette. Il soggetto emittente è dunque il debitore.

L’emittente può essere un’azienda o uno Stato. Da qui la distinzione tra obbligazioni corporate e obbligazioni governative (queste ultime dette anche titoli di stato o bond).

Chi acquista obbligazioni può essere remunerato in due modi: 

  • con gli interessi cedolari 
  • oppure con un maggior valore di rimborso, ottenuto alla scadenza del titolo.

Nel primo caso, durante la vita dell’obbligazione, l’investitore riceve periodicamente delle cedole. Si tratta di interessi che vengono corrisposti regolarmente al titolare dell’obbligazione. L’ammontare delle cedole può essere calcolato su un tasso fisso oppure variabile.

Nel caso in cui, invece, l’investitore ottenga un maggior valore di rimborso, il rendimento è dato dalla differenza tra quanto l’obbligazionista ottiene alla scadenza dell’obbligazione ed il valore di emissione della stessa. In questi casi si dice che un’obbligazione è emessa “sotto la pari”. Ad esempio, è detta “sotto la pari” un’obbligazione che viene rimborsata a 100 e che inizialmente è stata emessa a 95.

Queste due modalità attraverso cui remunerare l’investitore possono anche coesistere.

Possiamo quindi avere obbligazioni emesse sotto la pari senza cedole (c.d. zero coupon bond), obbligazioni emesse alla pari con cedole fisse (ad esempio i BTP), obbligazioni emesse sotto la pari con cedole a tasso variabile (ad esempio i CCT), e così via.

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Gli ETF: il meccanismo della replica passiva

Per capire come funziona un ETF obbligazionario è anche necessario conoscere il funzionamento dello strumento finanziario in sé, ossia degli ETF.

ETF è l’acronimo di Exchange Traded Fund e sta ad indicare un particolare tipo di fondi che sono quotati nei mercati tradizionali (Borsa Italiana, Xetra, New York Stock Exchange, eccetera). 

Tali fondi sono scambiabili come altri strumenti quotati (ad esempio le azioni) e dunque possiedono un livello di liquidità tendenzialmente molto alto

La particolarità che contraddistingue gli ETF è che la maggior parte di essi sono fondi passivi.

Questo significa che replicano, nella maniera più fedele possibile, l’andamento di un determinato mercato di riferimento (indice o benchmark). Per raggiungere l’obiettivo, il gestore acquista tutti i titoli che compongono il benchmark oppure una selezione di essi

Questa selezione può cadere su un campione del mercato complessivo (ad esempio i titoli più importanti che formano l’indice MSCI World). Oppure su un insieme di titoli appartenenti a un settore specifico (ad esempio un indice tecnologico). O ancora, su un insieme di titoli uniti da una tematica comune (ad esempio, gli ETF sull’invecchiamento della popolazione, quelli sulle energie rinnovabili, e così via).

Tramite un ETF, che generalmente ha costi molto bassi, è possibile avere accesso ad un grande raggruppamento di strumenti finanziari. Quest’ultimo è già strutturato e adatto per l’esposizione a una specifica categoria di strumenti (asset class).

Un ETF può contenere azioni, futures, obbligazioni, eccetera.

Se vuoi approfondire ancor di più il mondo degli ETF, leggi l’articolo sulla differenza tra fondi comuni ed ETF.

Qual’è la differenza tra investire in obbligazioni e investire in ETF obbligazionari?

Quando si compra un’obbligazione ci si espone a due rischi principali.

Il rischio emittente

Il primo è il rischio emittente e consiste nella possibilità di perdere il capitale investito a causa del fallimento dell’emittente dell’obbligazione. 

In altre parole, si acquista l’obbligazione, ossia si prestano i soldi all’emittente, ma l’emittente fallisce e non è quindi in grado di rimborsare i vari creditori, tra cui gli obbligazionisti.

La misura della solvibilità di un emittente è detta rating. 

Le agenzie di rating (Standard & Poor’s, Moody’s Investor Service, Fitch Ratings, eccetera) valutano la solvibilità di aziende e di Paesi e attribuiscono loro dei voti, in base a parametri di giudizio ben definiti.

Il rischio prezzo

Il secondo rischio è il rischio di prezzo

Un’obbligazione viene rimborsata a un importo stabilito in partenza. Nel corso della sua vita, però, il suo prezzo può variare: può essere più basso o più alto del prezzo di rimborso finale. 

Le cause principali possono essere date:

  • da una diversa solvibilità dell’emittente (il rischio emittente influenza, dunque, anche il prezzo dello strumento) 
  • oppure dalla presenza sul mercato di nuovi strumenti, più redditizi.

Ad esempio, immagina di possedere una obbligazione a tasso fisso. Il verificarsi di un rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale di un Paese comporta l’emissione di nuove obbligazioni che, a parità di scadenza, rendono una cedola superiore.

Questo porta il prezzo dell’obbligazione che hai acquistato precedentemente ad abbassarsi, per la legge della domanda e dell’offerta

È probabile che tu e gli altri investitori vorrete acquistare le nuove obbligazioni con il tasso più alto. Di conseguenza, ci sarà poca domanda per quelle precedentemente emesse.

In questo scenario hai, quindi, due alternative. 

O vendere l’obbligazione a tasso fisso che hai acquistato in precedenza a un prezzo più basso di quello a cui l’hai acquistata (perdendo così una parte di quanto investito) ed entrare in possesso di una nuova obbligazione più redditizia.

Oppure tenere quella che già hai, continuare a guadagnare lo stesso importo cedolare e aspettare il rimborso a scadenza.

Un altro aspetto da non sottovalutare, quando si investe tramite obbligazioni, è che, proprio per il rischio di prezzo, è opportuno avere ben chiaro l’orizzonte temporale dell’investimento. 

Nel caso di forti variazioni negative di prezzo si sarebbe infatti costretti a tenere l’obbligazione fino a scadenza e questo comporterebbe l’impossibilità di usufruire del capitale investito per periodi che possono essere anche molto lunghi.

Quando si utilizzano gli ETF obbligazionari si acquista un grande “contenitore” pieno di obbligazioni.

Queste possono essere tutte di una medesima tipologia o possono variare tra loro, ad esempio presentando diverse scadenze e diversi emittenti.

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Quali sono le tipologie di ETF obbligazionari?

Gli ETF obbligazionari sono suddivisi in varie categorie.

Una prima suddivisione è tra obbligazioni emesse da aziende (corporate) e governative (governative o treasury o bond)

Il gestore di un ETF può selezionare solo strumenti appartenenti a una delle due categorie o può contenerle entrambe (in tal caso si parla di ETF obbligazionario “aggregate“).

Altri criteri di suddivisione possono essere basati sulla localizzazione geografica.

Ad esempio possiamo avere un ETF con obbligazioni dell’area Euro, degli Stati Uniti, dei paesi sviluppati o dei paesi emergenti e così via.

Un ulteriore criterio è il rating delle aziende o dei Paesi emittenti. Ad un rating più alto corrisponde una maggior solvibilità delle obbligazioni sottostanti, ma allo stesso tempo rendimenti più bassi. 

Viceversa, ETF con obbligazioni a basso rating garantiscono maggiori rendimenti ma maggiori rischi in termini di volatilità e solvibilità del credito. 

In questi casi è importante verificare che ci sia un adeguato livello di diversificazione all’interno dell’ETF. Questo permette di assorbire in modo corretto gli eventuali default (fallimenti) dei singoli strumenti in esso contenuti.

Esempi di ETF obbligazionari ad alto rendimento sono gli ETF high yield, gli ETF fallen angels che investono in obbligazioni appena declassate sotto al livello “investment grade”, ETF obbligazionari paesi emergenti, che contengono obbligazioni corporate o governative di paesi quali Cina, America Latina, Medio Oriente.

Come funzionano gli ETF obbligazionari?

Il punto chiave che sta alla base del funzionamento di un ETF obbligazionario è che il gestore del fondo non porta necessariamente a scadenza le obbligazioni che lo compongono. 

Un ETF mantiene le scadenze costanti, continuando a comprare e vendere titoli obbligazionari e “aggiornando” così i loro rendimenti ed i loro prezzi.

Pertanto, un ETF che ha obbligazioni con scadenza a 10 anni, dopo 1 anno venderà le obbligazioni che sono “invecchiate” e ne comprerà di nuove, sempre con scadenza 10 anni.

Avremo quindi un rischio di prezzo, ossia la possibilità di perdere da questo processo di aggiornamento. Questo avverrà nel caso in cui le obbligazioni da vendere valgano meno delle nuove da acquistare. 

Allo stesso tempo, l’ETF si ricomporrà di strumenti aggiornati e con tassi di interesse in linea con quelli di mercato.

Nel caso di un rialzo dei tassi, quindi, il prezzo dell’ETF scenderà momentaneamente. 

Parallelamente, però, il gestore andrà ad acquistare nuovi strumenti con un tasso di rendimento più alto. 

Negli anni successivi, dunque, avremo un rendimento annualizzato maggiore, che nel tempo permetterà di recuperare valore e sorpasserà le perdite derivanti dall’iniziale decremento di prezzo. 

Questo effetto di “rinnovamento”, unito alle scadenze costanti, rende gli ETF obbligazionari strumenti particolarmente adatti per un portafoglio di investimenti.

Realizzare questi stessi processi acquistando singole obbligazioni richiederebbe una operatività molto complessa ed esosa in termini di tempo.

Inoltre non si avrebbe lo stesso livello di diversificazione: un ETF può contenere anche migliaia di obbligazioni diverse, una condizione impossibile da realizzare effettuando acquisti singoli.

È importante curare la componente obbligazionaria di un portafoglio sia dal punto di vista delle proporzioni, che del tipo di strumenti scelti.

Ciò permette di migliorare il grado di diversificazione del portafoglio stesso e di aumentare la decorrelazione complessiva tra le varie assett class presenti, aspetti fondamentali per realizzare gli obbiettivi finanziari che l’investitore si è preposto.

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