E se i fondi obbligazionari vanno giù?
Hai dei fondi obbligazionari in perdita?
Ci siamo abituati a considerare l’asset obbligazionario come emblema di sicurezza.
Complici i tassi fermi per anni e la relativa volatilità limitata, molti sono corsi ad esporsi sulle obbligazioni, sapendo di riuscire a mantenere stabile il proprio patrimonio.
Poi è arrivato il Covid, e subito dopo l’inflazione, la guerra e l’aumento dei tassi d’interesse.
E le quotazioni obbligazionarie sono crollate, mostrando una volatilità cui non eravamo stati abituati, negli anni precedenti.
E se le singole obbligazioni sono crollate, sorte analoga è toccata ai fondi obbligazionari, in barba alla loro diversificazione.
La fine del mondo? La fine del sistema economico conosciuto?
No. Semplicemente il comportamento normale di un mercato obbligazionario.
Comportamento che non eravamo pronti a vivere sulla nostra pelle, ma che ha aperto grandi margini di discussione.
E mentre c’è chi non sa come comportarsi, altri mantengono la calma di fronte ad un evento normalissimo.
Ma andiamo per gradi.
Che sono le obbligazioni?
Partiamo nel definire l’obbligazione con un esempio semplice.
Gli Stati o le aziende hanno, spesso, bisogno di finanziarsi per mantenere l’enorme macchina statale e/o i relativi servizi e per crescere.
Per far questo, uno dei meccanismi di raccolta di liquidità è quello dell’emissione di obbligazioni.
Le obbligazioni, di fatto, sono titoli di credito emessi da una società o da uno Stato.
In parole povere, l’ente diventa debitore.
Nei confronti di chi? Degli investitori che decidono di acquistare quei titoli.
L’investitore infatti acquista le obbligazioni e, in questo modo, presta dei soldi all’ente.
Ma quei soldi vanno restituiti.
Proprio per questo, le obbligazioni avranno una data di scadenza, alla quale saranno rimborsate. Nel frattempo, chi ha acquistato il titolo obbligazionario (non tutti, ma prenderemo ad esempio il caro vecchio BTP, così amato dagli italiani) riceve un pagamento per il rischio che si sta assumendo sotto forma di cedola.
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I rischi obbligazionari
Quali rischi assume l’investitore? Beh in primo luogo (e forse il più importante) il rischio emittente. Se l’ente che emette le obbligazioni fallisce, i soldi prestati rischiano di non essere restituiti.
A questo si aggiunge anche il rischio credito, ovvero il rischio che l’ente non onori il suo debito e non restituisca il prestito.
Eventualità queste, molto più probabili di quanto si sia portati a pensare.
In secondo luogo, l’investitore si espone ai rischi intrinseci dell’asset obbligazionario, ovvero il rischio legato all’andamento dei tassi.
Questo si traduce in una considerazione: dov’è la tanto decantata “sicurezza” che tradizionalmente si associa all’asset obbligazionario?
Correlazione tassi-prezzi: il rischio di subire perdite
Quella tra i tassi di rendimento e il prezzo degli strumenti obbligazionari è una correlazione inversa.
All’aumentare dei tassi, i prezzi obbligazionari calano.
Al calo dei tassi, i prezzi aumentano.
Semplice, no? Mica tanto…
Vediamolo con un esempio semplificato all’estremo.
Ipotizziamo di acquistare a 1000€ un BTP con scadenza 20 anni e con un rendimento dell’1% annuo.
Sappiamo che per 20 anni riceveremo 10€ ogni anno e che, a scadenza, ci verranno restituiti 1000€.
Il nostro guadagno rispetto al rischio nasce quindi da quell’1% di rendimento.
Fin qui tutto chiaro.
Se però i tassi d’interesse si alzano e dovesse uscire una nuova obbligazione che rende il 2% ogni anno?
Vorreste ancora in portafoglio quella che rende l’1%? O più probabilmente preferireste la nuova, con un rendimento maggiore?
Proprio perché, razionalmente, tutti sceglierebbero di comperare quella dal rendimento maggiore, i prezzi di quella meno remunerativa calano rendendola “più appetibile”. Ed ecco che la il tuo investimento obbligazionario è in perdita.
Ovviamente così è semplificata all’osso, ma rende l’idea del comportamento delle obbligazioni all’aumentare dei tassi d’interesse.
E in un fondo obbligazionario come funziona?
Il meccanismo legato all’aumento dei tassi d’interesse, all’interno di un fondo d’investimento obbligazionario, è esattamente lo stesso di quello relativo alla singola obbligazione essendo entrambi legati in modo imprescindibile all’andamento del mercato obbligazionario.
Aumentano i tassi? Cala il prezzo.
La differenza è che un fondo contiene al suo interno differenti obbligazioni che vengono ciclicamente cambiate con un meccanismo di turn-over.
Questo porta il prezzo del fondo ad auto-regolamentarsi: man mano che le obbligazioni “vecchie” (e quindi meno remunerative) vengono rimosse dal fondo e sostituite con nuove dai rendimenti maggiori, il prezzo delle quote del fondo cresce.
Viene garantito, inoltre, un costante aggiornamento dei titoli nel portafoglio che dovrebbe favorire la diversificazione e permettere allo strumento di essere più “sicuro” di un’obbligazione singola.
La differenza sostanziale dei fondi d’investimento obbligazionari rispetto alle obbligazioni singole risiede, tuttavia, nel meccanismo di scadenza dei singoli titoli che lo compongono.
Se abbiamo detto che, a scadenza, l’obbligazione viene rimborsata (il prestito fatto, cioè, ci viene restituito) nei fondi potrebbe non essere così.
Ogni fondo ha infatti una politica a sé stante circa il portare a scadenza le obbligazioni che lo compongono e non è inusuale che molti fondi non arrivino a far giungere i singoli titoli a scadenza, vendendoli prima e sostituendoli.
Questo meccanismo in cosa si traduce?
Semplice: il prezzo a cui viene acquistato un singolo titolo azionario presente nel fondo potrebbe essere inferiore (o in alcuni casi maggiore) alla quota di acquisto e quindi inficiare la quotazione finale del fondo.
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Lo scenario attuale: fondi obbligazionari in perdita
Chiarito il meccanismo di funzionamento dei fondi obbligazionari, viene da chiedersi: e quindi oggi? Che sta succedendo?
Perché i fondi obbligazionari scendono e sono in perdita da inizio anno?
È avvenuto per l’aumento dei tassi d’interesse.
Sia la FED che la BCE hanno avviato una politica per contrastare la crescente inflazione che prevede, per l’appunto, l’aumento dei tassi d’interesse.
Questo ha portato ad un calo delle quotazioni dei prodotti obbligazionari (fondi, singoli BTP o ETF che siano).
Questo, tuttavia, si traduce in un possibile vantaggio: mano a mano che le obbligazioni interne al fondo cambiano, i rendimenti del fondo stesso crescono.
Ma, in termini di quotazione, i fondi hanno mostrato volatilità abbastanza elevata e questo, unito al clima di incertezza causato dalla situazione macro-economica, ha contribuito a generare un panico generale.
Di certo, tuttavia, lo scenario in cui ci siamo trovati a seguito dell’aumento voluto dalla FED e dalla BCE ha impensierito non poco chi deteneva prodotti obbligazionari e molti investitori sono corsi ai ripari in modo più o meno efficace, chi vendendo i prodotti obbligazionari che deteneva, chi sottoscrivendone di nuovi, in un meccanismo di fear/greed non proprio corretto.
Insomma, chi si è fatto prendere dall’euforia dei cali ha sottoscritto nuove obbligazioni, incurante dei rischi associati che abbiamo avuto modo di vedere.
Chi invece, preso dalla paura e dallo sconforto, ha liquidato le sue posizioni si è trovato a fare i conti con una perdita di capitale.
Quale dei due approcci fosse quello corretto è impossibile dirlo in senso assoluto: simili scenari vanno contestualizzati con gli obiettivi del proprio portafoglio e l’approccio di un investitore può risultare diametralmente opposto a quello di un altro nonostante entrambi detengano lo stesso prodotto o asset.
Proprio per questo motivo è necessario non improvvisarsi esperti del settore e affidarsi ad un professionista che sappia come gestire simili situazioni senza farsi fuorviare dalle emozioni.
Hai fondi o singole obbligazioni che stanno vivendo momenti di incertezza?
Inizi ad avere dubbi circa l’avere simili strumenti in portafoglio?
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