Green bond: cosa sono e perché potrebbero interessarti
Letteralmente “obbligazioni verdi”, sono sempre più diffusi, oggi scopriremo i green bond cosa sono.
Si tratta, quindi, di titoli di debito, obbligazioni appunto, con particolari caratteristiche “green”.
Cosa significa?
Vuol dire che i capitali investiti in green bond vanno a finanziare iniziative, pubbliche o private, utili alla sostenibilità ambientale.
Essendo le nostre vite strettamente legate al pianeta che ci ospita, è indubbio che il nostro benessere dipenda da come siamo e saremo in grado di preservarlo.
Chi ha cuore la propria salute e quella di tutte le specie viventi, potrebbe essere interessato ad investire in obbligazioni verdi.
Dietro a queste due parole, green bond, si nasconde però un mondo vasto e complesso.
In questo articolo cercheremo di approfondire in modo semplice l’argomento.
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Cosa sono i green bond?
Sono innanzitutto delle obbligazioni.
Tecnicamente, quindi, sono “titoli di debito”, ovvero prestiti che l’investitore fa ad un determinato soggetto (privato o pubblico).
In cambio tale soggetto (emittente dell’obbligazione) fornirà un interesse al prestatore (investitore) nell’arco di un determinato periodo (scadenza dell’obbligazione).
Al termine di tale periodo l’emittente, se è ancora “in vita”, restituirà i soldi impegnati dai singoli investitori.
Ma allora cosa sono i green bond?
Il suffisso green sta ad indicare che l’emissione di tali obbligazioni speciali è legata a progetti “verdi”.
Ciò significa che l’emittente di questi titoli si impegna ad utilizzare i soldi prestati dagli investitori in attività che abbiano una ricaduta positiva sull’ambiente.
Ecco alcuni degli ambiti finanziati grazie ai green bond:
- efficienza e risparmio energetico;
- produzione di energia da fonti rinnovabili (sole, vento, fiumi, salti d’acqua, maree, …);
- uso sostenibile delle risorse naturali;
- prevenzione, controllo ed abbattimento degli inquinanti in aria, acqua e suolo;
- trattamento di acque di scarico e rifiuti;
- trasporti a basso impatto ambientale;
- edilizia eco-compatibile;
- agricoltura ed allevamento rispettosi dell’ambiente;
- tutela della biodiversità;
- riforestazione;
- riduzione delle emissioni di gas serra.
L’elenco potrebbe essere ancora più lungo e dettagliato: l’importante è che la finalità dei capitali stanziati nei green bond sia quella di proteggere e migliorare l’ambiente.
Come funzionano?
I green bond sono a tutti gli effetti delle obbligazioni e pertanto funzionano come tali tipi di strumenti finanziari:
- un dato attore (pubblico o privato) emette i green bond e li vende agli investitori;
- così facendo tale emittente ottiene dei fondi da destinare a progetti ambientali ed eco-sostenibili;
- come ricompensa, gli investitori ricevono un tasso di interesse e l’impegno dell’emittente a rimborsare il capitale prestato in una determinata data (scadenza del bond).
Allo stesso modo dei titoli di debito tradizionali anche per i green bond:
- all’aumentare dei tassi di mercato il loro prezzo diminuisce e viceversa;
- se l’emittente va in difficoltà o fallisce prima della scadenza del bond, l’investitore non riuscirà a riavere tutti i soldi prestati o i rendimenti inizialmente previsti;
- meno solido (o più rischioso) è l’emittente e maggiore è il rendimento che l’obbligazione fornisce all’investitore.
Per approfondire tali meccanismi consigliamo di leggere anche la Guida ai BTP (che sono pur sempre un’obbligazione, in questo caso emessa da uno Stato).
Se quindi il funzionamento di questi strumenti è uguale a quello di qualsiasi altro titolo di debito, ciò che li distingue dagli altri sono:
- lo scopo (i soldi sono destinati a progetti che hanno un impatto ambientale positivo);
- la trasparenza (i capitali devono essere depositati su conti specifici tracciati dall’emittente);
- la rendicontazione (realizzata almeno una volta all’anno, sull’utilizzo dei proventi, al fine di garantire che i fondi siano usati adeguatamente);
- il controllo (ci deve essere un revisore esterno indipendente, che certifichi che i documenti e gli obiettivi siano conformi al progetto).
Tali principi, anche se non obbligatori, vengono solitamente rispettati dall’emittente di un green bond.
In caso contrario, infatti, ciò avrebbe una ricaduta negativa sulla sua reputazione ed il mercato li penalizzerebbe.
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Come acquistare i green bond?
Come tutte le obbligazioni, anche i green bond, possono essere acquistati:
- nel momento in cui vengono emessi per la prima volta: in questo caso sono disponibili sul cosiddetto mercato primario; si dice anche che sono acquistati “al collocamento”;
- sul mercato secondario, ovvero “in borsa”, in un momento successivo alla loro prima emissione, da chi ne è già in possesso.
Il fatto che un green bond sia “quotato” (presente) su un mercato secondario (una borsa) permette, quindi, di vendere questi particolari titoli di debito prima della loro scadenza naturale.
Ciò è fondamentale per un investitore, nel caso gli si presentassero esigenze finanziarie immediate e non preventivate.
Quindi, prima di acquistarli è importante verificare che sia quotato su un mercato secondario.
In assenza di questo requisito l’investitore non potrebbe, in caso di necessità, liberare il capitale investito nell’obbligazione verde prima della sua scadenza.
Un altro modo per ovviare a tale inconveniente è quello di acquistare green bond attraverso fondi che investono in tante obbligazioni verdi differenti, emesse da diversi emittenti e con diverse scadenze.
In questo caso si diventa possessori di un certo numero di quote del fondo, in ogni momento liquidabili, senza alcun vincolo temporale.
Inoltre, questi strumenti permettono di avere la massima diversificazione, eliminando il rischio di perdere il capitale in caso di difficoltà di uno dei tanti emittenti dei singoli green bond.
Infine, ricordiamo che alcune singole obbligazioni verdi sono acquistabili solo da organismi istituzionali o investitori professionali.
I fondi, invece, sono solitamente sempre accessibili anche al pubblico retail.
Quanto rendono i green bond?
Certamente investire in obbligazioni verdi è una scelta responsabile e di grande valore etico.
Il progresso tecnico ed economico, inoltre, tiene sempre più in considerazione aspetti di sostenibilità ambientale.
Da qui, però, a dire che gli investimenti in “progetti verdi”, attraverso green bond o altri strumenti, risulti sempre remunerativo, ce ne passa.
Infatti, come ogni investimento, ha i suoi rischi e può portare o meno guadagni nel breve, medio o lungo periodo.
Pertanto, il consiglio è quello di valutare l’investimento in green bond come parte di una corretta pianificazione basata sui tuoi particolari obiettivi e grado di rischio.
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In generale, possiamo dire che investire in tali strumenti porti a rendimenti attesi in linea con la categoria di cui fanno parte, ovvero l’obbligazionario.
Questa asset-class ha rendimenti che dipendono molto dai tassi di interesse di mercato del particolare momento storico e dalla loro variazione nel tempo.
Si tratta comunque di rendimenti mediamente bassi, inferiori ad asset-class più volatili e rischiose come l’azionario.
Più interessante, forse, è confrontare i rendimenti dei green bond con quelli delle obbligazioni classiche.
Riportiamo qui sotto un esempio grafico dell’andamento, dal 2017 ad oggi (aprile 2023), di due indici obbligazionari contenenti bond di tutto il mondo, diversificati per emittente e scadenze (in rosso quello relativo ai green bond).

Si noti come l’andamento sia piuttosto simile, ma ci sono periodi in cui i rendimenti dei green bond sono premiati dal mercato e altri in cui sono penalizzati.
Quali sono i rischi di investire in green bond?
Dal punto di vista finanziario i hanno gli stessi rischi delle obbligazioni standard. Pertanto, chi investe in obbligazioni verdi deve considerare:
- il rischio derivante dalla variazione dei tassi di mercato (un aumento provoca la diminuzione del prezzo dell’obbligazione);
- la scadenza (più in là nel tempo è, maggiore è la variazione del prezzo dovuta alla variazione dei tassi di mercato);
- maggiore è il rendimento e maggiore è la rischiosità dell’emittente.
Quest’ultimo, ovvero il rischio di credito dell’emittente nel caso vada in difficoltà, può essere di molto diminuito attraverso la diversificazione.
Meglio, quindi, un paniere di green bond differenti per emittente e scadenze, rispetto ad acquistare un’unica obbligazione verde.
Fino a qui abbiamo visto i rischi comuni a tutti i titoli di debito, ma in realtà ce ne sono almeno altri due legati proprio alla natura green di questa tipologia di bond:
- la “concentrazione settoriale” (si tratta, infatti, di finanziare progetti specifici e di nicchia, che non sempre hanno successo dal punto di vista economico);
- il “greenwashing” (un’etichetta “verde” non sempre si traduce in un reale effetto positivo sull’ambiente).
Risulta molto difficile per l’investitore valutare quale sia effettivamente l’impatto del particolare green bond sull’ambiente e quindi la genuinità dell’etichetta “verde”.
Per questo sono nate istituzioni e principi internazionali che danno gli strumenti per poter giudicare la reale bontà dei progetti legati ai green bond.
Questo sarà argomento dei prossimi paragrafi.
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Cosa sono i green bond principles (GBP)?
Abbiamo più volte sottolineato che i green bond (“obbligazioni verdi”) sono titoli di debito connessi al finanziamento di progetti che apportano benefici in termini ambientali.
Ma ci sono regole precise per poter emettere e riconoscere un green bond?
A tal proposito l’International Capital Market Association (ICMA) ha elaborato linee guida procedurali non vincolanti, i cosiddetti Green Bond Principles (GBP).
I “Principi dei Green Bond”, hanno l’obiettivo di garantire uniformità, trasparenza e divulgazione di informazioni sui prodotti.
I GBP, infatti:
- forniscono indicazioni agli emittenti sulle componenti chiave da considerare nell’emissione di un green bond credibile;
- focalizzandosi sull’utilizzo dei proventi, vogliono accompagnare gli emittenti durante la transizione del loro modello di business verso una maggiore sostenibilità ambientale;
- aiutano gli investitori, garantendo la disponibilità delle informazioni necessarie per valutare l’impatto ambientale dei loro investimenti in green bond;
- assistono i sottoscrittori, promuovendo la divulgazione di informazioni utili a facilitare le transazioni.
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Quali sono i principi dei GBP?
I Principi dei Green Bond sono fondamentalmente quattro:
- utilizzo dei proventi derivanti dall’emissione obbligazionaria nell’ambito di Progetti Verdi (Green Projects), descritti adeguatamente nella documentazione legale del titolo.
- Il processo per la valutazione e la selezione dei progetti; l’emittente deve comunicare chiaramente agli investitori:– gli obiettivi ambientali;– i processi tramite i quali l’emittente determina la compatibilità dei propri progetti con le categorie dei Progetti Verdi;
– i requisiti di eleggibilità dei propri progetti, inclusi, se possibile, i processi applicati per identificare e gestire potenziali rischi di impatti ambientali e/o sociali.
- La gestione dei proventi da parte degli emittenti. I profitti derivanti dai green bond dovrebbero essere accreditati su un sottoconto, tracciati in un sistema controllato, documentati in un processo interno formale connesso alle operazioni finanziarie e di investimento realizzate.
- L’attività di rendicontazione, secondo cui gli emittenti devono elaborare, mantenere e tenere aggiornati i dati riguardanti l’utilizzo dei proventi.
Allo scopo si raccomanda:
- l’utilizzo di indicatori di performance qualitativi e misure quantitative (come la capacità energetica, la produzione di elettricità, le emissioni di gas serra ridotte/evitate);
- la divulgazione delle principali metodologie e/o considerazioni a cui è stato fatto riferimento per la determinazione quantitativa.
Nei Principi dei Green Bond si avvertono, infine, gli emittenti, di nominare uno o più revisori esterni per verificare ed attestare l’allineamento dei propri green bond con le quattro componenti fondamentali appena descritte.
Cosa possono finanziare i green bond?
Le categorie di Progetti Verdi, identificate dall’ICMA, finanziati grazie ai green bond, riguardano:
- energie rinnovabili (compresa produzione e trasmissione);
- efficienza energetica (edifici nuovi o ristrutturati, stoccaggio di energia, teleriscaldamento, reti elettriche intelligenti);
- prevenzione e controllo dell’inquinamento (riduzione delle emissioni atmosferiche, controllo dei gas a effetto serra, bonifica del suolo, prevenzione, riduzione e riciclo dei rifiuti);
- gestione ambientalmente sostenibile delle risorse naturali e utilizzo del territorio (agricoltura o allevamento sostenibile, protezione biologica delle colture, irrigazione a goccia, rimboschimento, preservazione o ripristino del paesaggio naturale);
- conservazione della biodiversità terrestre e marina (protezione degli ambienti costieri, marini e di spartiacque);
- trasporto pulito (trasporti elettrici, ibridi, su rotaie, riduzioni di emissioni nocive e infrastrutture per veicoli a energia pulita);
- gestione sostenibile delle acque e delle acque reflue (sistemi di drenaggio urbano, correzione del corso dell’acqua e altre forme di mitigazione del rischio di inondazioni);
- adattamento al cambiamento climatico (sistemi informativi di supporto, quali il monitoraggio e i sistemi d’allerta);
- prodotti, tecnologie di produzione e processi eco-efficienti e/o di economia circolare (sviluppo e introduzione di prodotti a minor impatto ambientale, con un marchio di qualità ecologica o una certificazione di sostenibilità ambientale, efficienza dell’uso delle risorse utilizzate per gli imballaggi e la distribuzione);
- edilizia ecologica (che rispetta standard o certificati regionali, nazionali e internazionali).
Tutti i progetti qualificati come Progetti Verdi dovrebbero avere effetti positivi a livello ambientale, i quali dovranno essere valutati e, possibilmente, quantificati dall’emittente.
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Perché investire in green bond?
Dopo aver visto cosa sono e quali sono i principi dei green bond, è forse troppo facile rispondere alla domanda: perché investire in green bond?
In estrema sintesi: perché la Terra ha bisogno, in modo sempre più pressante, del nostro impegno per proteggerla.
Se poi pensiamo che gran parte dei suoi mali dipendono dalla nostra attività, è facile capire quanto noi uomini siamo importanti per preservare l’ambiente in cui viviamo.
Questo, oltre ad avere un elevato valore morale, è nei nostri interessi e in quelli delle generazioni future.
Infatti, volenti o nolenti, non esiste, almeno per il momento, un Pianeta B capace di accoglierci e sostentarci.
Distruggere gli ecosistemi, contribuire al cambiamento climatico, deteriorare la qualità di acqua, aria e suolo porteranno, a lungo andare, alla nostra stessa distruzione.
In queste poche righe abbiamo voluto dare un’idea di quanto investire in obbligazioni verdi sia eticamente giusto ed urgente.
Rimane però un problema: chi o che cosa ci dà la ragionevole certezza di quanto i soldi investiti in green bond siano realmente efficaci per il miglioramento della sostenibilità ambientale?
Il problema qui è duplice:
- da una parte non è facile quantificare le ricadute positive sull’ambiente di una determinata azione virtuosa;
- dall’altra un’etichetta ambientale non sempre è garanzia di eco-sostenibilità effettiva.
Quindi, è fondamentale fornire agli investitori tutti gli strumenti, qualitativi e quantitativi, affinché la scelta dei green bond sia più consapevole e trasparente possibile.
In questo ci vengono in aiuto, come visto, i GBP (Green Bond Principles), buone prassi (al momento non obbligatorie) per l’emissione di green bond di qualità ambientale certificata ed effettiva.
Le normative cogenti (che cominciano ad essere emanate in Europa e nel resto del mondo) ed il mercato faranno poi il resto.
La strada è tracciata!
Chi può emettere i green bond?
Anche in questo caso, come tutte le obbligazioni, possono essere emessi da soggetti di varia natura, sia pubblici che privati, quali:
- Stati,
- istituti finanziari sovranazionali (es. BEI – Banca Europea per gli Investimenti, WB – World Bank o Banca Mondiale),
- istituti finanziari nazionali (es. BofA – Bank of America),
- agenzie statali (es. CDP – Cassa Depositi e Prestiti),
- agenzie municipalizzate (nei prossimi paragrafi vedremo alcuni esempi),
- aziende singole (nei prossimi paragrafi vedremo alcuni esempi).
Per citarne una, a maggio 2018, Bank of America ha emesso il suo quarto green bond.
È diventata così la prima banca statunitense ad emettere quattro green bond, raccogliendo un totale di 4,35 miliardi di dollari per progetti relativi all’energia rinnovabile dal 2013.
Bank of America è anche il principale sottoscrittore di green bond a livello globale dal 2007.
Si conferma, quindi, leader nell’affrontare i cambiamenti climatici, finanziando la transizione verso un’economia sostenibile a basse emissioni di carbonio.
Complice la maggiore attenzione dell’opinione pubblica (grazie anche agli accordi sul clima), molti Paesi emergenti cominciano a percorrere la strada degli investimenti verdi.
In particolare Cina ed India, storicamente riconosciuti come Paesi poco sensibili alla sostenibilità ambientale, stanno dando grande impulso all’emissione di nuovi green bond.
Ancora nel 2016 sono state emesse da banche, enti locali e grandi imprese cinesi obbligazioni verdi per circa 30 miliardi di dollari.
Un forte impulso ai finanziamenti di progetti ecosostenibili è fornito, in particolar modo, da istituti finanziari internazionali di sviluppo come:
- Banca Mondiale,
- International Finance Corporation,
- European Bank for Reconstruction and Development,
- European Investment Bank,
- Asian Development Bank,
- African Development Bank.
Chi ha emesso il primo green bond?
Chi ha emesso per la prima volta un’obbligazione verde è stata, in assoluto, la BEI (Banca Europea per gli Investimenti), il 4 luglio 2007.
Il primo green bond, teorizzato dall’italiano Aldo Romani (oggi a capo del dipartimento sostenibilità della BEI), si chiamava precisamente “Climate Awareness Bond”.
Un’altra bella storia, quasi concomitante, è iniziata a fine 2007.
Tutto è nato da un’esigenza di un gruppo di fondi pensione svedesi.
Avevano la forte volontà di investire in progetti a favore del clima, ma non sapevano come fare.
Perciò chiesero aiuto alla Banca Mondiale.
Meno di un anno dopo, nel 2008, la Banca Mondiale emise il suo primo green bond.
Erano state gettate le basi per un nuovo modo di collegare i finanziamenti degli investitori a progetti sul clima ed in generale sulla sostenibilità ambientale.
Era l’inizio di un nuovo modello di connubio tra investitori, banche, agenzie di sviluppo e scienziati.
Gli investitori finalmente potevano sostenere l’ambiente attraverso investimenti (obbligazionari poco rischiosi), senza rinunciare ad un rendimento finanziario.
Tutto il resto è storia recente: la crescita dei green bond non si è mai arrestata, registrando un forte incremento negli ultimi anni.
Ad esempio, nel primo semestre 2021 nel mondo sono stati emessi 190,8 miliardi di dollari di green bond.
Dopo aver visto chi ha emesso il primo green bond, citiamo altre importanti prime emissioni di obbligazioni verdi:
- nel 2016 la Polonia è stato il primo Paese a emettere un green bond “sovrano”,
- in Italia il primo green bond è stato emesso nel 2014 da Hera (società multiutility),
- nel marzo 2021 l’Italia ha emesso il suo primo BTP green.
I GBP italiani
In Italia, il primo green bond è stato lanciato nel 2014 dal Gruppo Hera, una delle maggiori multiutility nazionali (presente nei settori ambiente, idrico, energia, illuminazione pubblica, telecomunicazioni).
Con i fondi (500 milioni di euro) raccolti grazie al green bond di Hera sono stati finanziati 26 progetti appartenenti alle categorie indicate dalla tabella riportata di seguito.

Il 2017 è stato un anno importante per il mercato italiano dei green bond, visto che ci sono state due nuove emissioni:
- Enel, con un’obbligazione da 1,25 miliardi di euro e
- Intesa Sanpaolo, con un bond da 500 milioni di euro.
Intesa Sanpaolo è stata la prima banca italiana a debuttare come “emittente verde”.
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Green bond corporate
Nel 2019 le emissioni di questi titoli sono aumentate in maniera significativa.
A gennaio 2019, Enel Finance International N.V., società finanziaria controllata da Enel S.p.A., ha collocato il suo terzo green bond, destinato a investitori istituzionali.
L’emissione ammonta a 1.000 milioni di euro, prevede il rimborso a scadenza (21/07/2025) e il pagamento di una cedola annua a tasso fisso pari all’1,5%.
Sempre a gennaio 2019, Terna ha lanciato un green bond, a tasso fisso per 250 milioni di euro (scadenza 23/07/2023, cedola annua dell’1%).
Ad aprile del 2019, Terna ne ha emesso un nuovo per un totale di 500 milioni di euro, destinato ad investitori istituzionali (scadenza 10/04/2026, cedola annua dell’1%).
Porta la firma di Pagano & Ascolillo il primo green bond (17,3 milioni di euro) infrastrutturale per l’installazione di illuminazione pubblica stradale led.
A febbraio 2019 è il turno di Snam che ha emesso il suo primo climate action bond per un importo di 500 milioni di euro, scadenza 28/08/2025, cedola annua dell’1,25%.
Ad aprile 2019 UBI Banca ha collocato la sua prima emissione di questo titolo sul mercato istituzionale (500 milioni di euro a 5 anni e cedola fissa dell’1,5%).
Sempre ad aprile 2019, anche ERG ha completato il collocamento di un green bond (500 milioni di euro, durata 6 anni, tasso fisso).
A luglio del 2019, Ferrovie dello Stato Italiane ha emesso il suo secondo green bond (700 milioni di euro, durata 7 anni e cedola all’1,125%), mentre il Gruppo Hera ha lanciato la sua seconda obbligazione verde (500 milioni di euro, rimborsabili in 8 anni e cedola pari a 0,875%).
A2A, una delle principali multiutility italiane, ha collocato la sua prima emissione green (400 milioni di euro, durata 10 anni e cedola annua pari a 1%).
Infine, Tozzi Green, gruppo italiano del settore delle energie rinnovabili, ha concluso la sua prima emissione di green bond, mediante collocamento privato (tasso fisso del 4,87%, del valore di 222 milioni di dollari, con scadenza nel 2034).
Dal 2019 ad oggi si sono susseguite ulteriori emissioni da parte di svariate aziende italiane.
Green bond obbligazioni statali
Per vedere, invece, la prima obbligazione verde dello Stato italiano (di finanziamento pubblico di progetti sostenibili) abbiamo dovuto aspettare fino a marzo 2021.
Il primo BTP Green raccolse 8,5 miliardi di euro, il suo rendimento era stato fissato all’1,5%, e la sua scadenza al 2045.
Segnaliamo, infine, che dal 13 aprile 2023 è possibile acquistare il nuovo BTP Green con scadenza 30 ottobre 2031 e un tasso cedolare annuo lordo del 4%.
Trattandosi di BTP, valgono le stesse regole di tale tipologia di titoli di Stato italiani.
Green bond sì o no?
Dopo aver visto cosa sono, quali sono i principi generali e chi ha emesso i primi green bond, è giunto il momento di chiederci se convenga detenere obbligazioni verdi in portafoglio.
In un’ottica di diversificazione e di eticità dell’investimento, indubbiamente sono strumenti che tutti dovrebbero possedere.
Quindi, a meno di non avere alcuna sensibilità ambientale o non credere nell’efficacia e trasparenza di tali progetti verdi, tutti dovremmo detenerli.
Il problema non è se, ma in che misura avere obbligazioni green in portafoglio.
E questo non dipende da nessun fattore esterno, ma dipende solo da te:
- dalla tua coscienza ambientale,
- dalla tua situazione finanziaria e familiare,
- dalle tue esigenze,
- dai tuoi progetti di vita,
- dagli orizzonti temporali per realizzarli,
- dalla tua propensione al rischio.
Tutto ciò tenendo in considerazione che i green bond sono titoli di debito verdi e quindi:
- fanno parte dell’asset class obbligazionaria;
- hanno determinate caratteristiche intrinseche (scadenza, tasso cedolare, …);
- a parità di emittente, hanno un rischio leggermente più elevato rispetto alle obbligazioni standard.
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