Guida pratica per capire lo spread
Che cos’è lo spread? Perché è così importante capire il suo funzionamento? Come incide lo spread sul mio mutuo?
Se queste sono domande che ti sei sempre posto, allora sei nel posto giusto.
Se ne parla sempre, tra crisi e congiunture economiche difficili, crisi politiche o semplicemente all’approssimarsi di eventi rilevanti per gli assetti geopolitici italiani od europei. In molte occasioni ci si interroga su quello che sarà l’andamento dello spread.
In questa breve guida andremo ad approfondire gli aspetti economici e le implicazioni di questa parola troppo spesso abusata e quasi sempre data per scontata.
Che cos’è lo spread?
Per capire lo spread bisogna partire dal suo significato.
Spread significa letteralmente “differenza”.
Infatti, il contesto in cui viene più utilizzato è appunto per rappresentare la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato decennali tedeschi (Bund) e i titoli di stato italiani sulla stessa scadenza (BTP).
I titoli di Stato rappresentano prestiti concessi dagli investitori ad uno Stato, con la promessa di ricevere un pagamento di un certo interesse, oltre al capitale impiegato. Al crescere del rendimento ricevuto dalla sottoscrizione di un titolo di Stato cresce anche la sua rischiosità e di conseguenza aumenta la probabilità che quel debito non venga ripagato.
Ovviamente il titolo di riferimento è rappresentato dai bond tedeschi.
Il motivo?
Semplice: l’economia tedesca risulta ad oggi la più solida, ecco perché i rischi percepiti nei confronti della Germania sono bassi e di conseguenza i rendimenti dei Bund sono talvolta anche negativi.
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Come si calcola?
Lo spread viene espresso in punti base. Ogni punto base rappresenta un centesimo percentuale.
Ma facciamo un esempio.
Per capire in concreto come calcolarlo dobbiamo prendere il valore del BTP decennale (ipotizziamo che stia al 3,27%) e quindi il valore del Bund decennale (ipotizziamo che stia al 1,43%).
Adesso trasformiamo il rendimento percentuale in punti base ricordando il tasso di conversione di 1 punto base = 0,01%. Per cui: 3,27% = 327 punti base e 1,43% = 143 punti base.
Dopodiché completiamo l’operazione di sottrazione: 327 – 143 = 184.
Il risultato corrisponde allo spread effettivo tra i due titoli e ciò significa che il BTP rende l’1,84% in più rispetto al Bund con la stessa scadenza.
Questo semplice calcolo può essere applicato ad ogni tipologia di scarto che vogliamo calcolare tra due titoli con la stessa scadenza.
Come nasce lo spread?
Fino al 2008 la parola spread era conosciuta solo dagli operatori del settore finanziario.
Prima di allora nell’Eurozona tutti i Paesi erano considerati estremamente affidabili. Dunque nessuno chiedeva un premio aggiuntivo per i titoli di debito dei Paesi con un’economia “più lenta” (com’era già all’epoca l’Italia).
Ma dopo la bancarotta della Lehman Brothers, lo spread raggiunse per la prima volta quota 70, raggiungendo a gennaio 2009 il record di 170 punti base.
Verso l’estate del 2010 la Grecia apparve in evidenti difficoltà finanziarie, al punto che il rischio di un default (l’impossibilità per il governo greco di ripagare il proprio debito) sembrava essere una possibilità concreta.
La situazione peggiorò nel 2011 quando anche altri Stati dell’Eurozona come la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo e appunto l’Italia erano a rischio default.
A novembre dello stesso anno lo spread toccò il valore record di 556 punti base portando l’Italia in una crisi che culminò con le dimissioni dell’allora governo Berlusconi.
Ai tempi, le ricerche sulla quotazione dello spread erano esplose, mentre la situazione nell’Eurozona si faceva sempre più complicata, al punto che ancora a luglio del 2012 lo spread balzò oltre i 500 punti base.
Per fortuna le parole del governatore della BCE Mario Draghi, le quali promettevano un forte impegno da parte dell’istituto per mantenere la stabilità dell’economia europea (il famoso “whatever it takes”), frenarono i timori dei mercati e fecero sgonfiare il differenziale sui tassi decennali attraverso l’inizio della politica del quantitative easing (acquisto dei titoli di debito sovrani da parte della BCE).
Dal 2012 ad oggi il valore dello spread si è sempre attestato in un range tra i 100 ed i 300 punti base.
La situazione si è normalizzata grazie ad una politica dei tassi accomodante da parte della BCE in questi ultimi anni. Il che ha permesso una sostanziale stabilizzazione del rischio sui titoli di debito sovrano.
Ciononostante i rischi di un balzo dello spread in caso di rialzo sui tassi e stop degli acquisti del debito sovrano da parte della BCE rimangono tangibili.
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E se aumentasse di nuovo?
L’impatto dello spread sulla nostra economia diventa rilevante nel momento in cui c’è un aumento considerevole e sostenuto tra i differenziali dei decennali tedeschi e quelli italiani.
La conseguenza più diretta è l’aumento del tasso di rendimento dei BTP, che però fa lievitare il costo del debito dello Stato italiano.
Collocare sul mercato BTP con tassi maggiorati comporta per lo Stato un maggior deficit; chiaramente il governo ha poi bisogno di rientrare di questo deficit e dunque deve adottare alcune misure correttive come il taglio della spesa pubblica oppure l’aumento delle tasse.
Altro impatto si avrà sulle banche che dovendo pagare tassi più elevati si rivarranno sul cliente finale, aumentando i tassi per concedere mutui o prestiti.
Di conseguenza, i risparmiatori saranno invogliati a consumare di meno e chiedere meno prestiti.
Specularmente lo stesso discorso si applica alle imprese italiane. Queste saranno svantaggiate rispetto a quelle tedesche, le quali ultime potranno finanziarsi a tassi più bassi. E quindi pagare meno interessi sul debito.
A livello tecnico, uno spread superiore a 700 punti base comporta un livello oltre il quale lo Stato non è più ritenuto in grado di ripagare il proprio debito.
La mancanza di fiducia che deriva da questi livelli comporta scarsità di domanda durante le aste di collocamento dei bond con la conseguenza di far saltare le nuove emissioni e portare il Paese in default.
Come incide lo spread sul tuo mutuo?
C’è molta confusione quando si parla di spread in rapporto a mutui o prestiti.
I mutui a tasso fisso e variabile su cui si calcolano gli interessi per concedere i mutui si basano seguendo l’indice IRS (per il tasso fisso) e l’Euribor (per il tasso variabile).
Ma chi decide lo spread da applicare sono le banche. In questo caso, infatti, lo spread si riferisce al margine di guadagno degli istituti di credito nei confronti dei mutui e dei prestiti concessi.
Per fare un esempio concreto, nel caso di un mutuo a tasso fisso, la rata del mutuo sarà calcolata come segue: quota capitale + IRS + Spread
Nel caso di un mutuo a tasso variabile la rata sarà calcolata come segue: quota capitale + Euribor + Spread
Sfatato anche questo mito, abbiamo compreso come lo spread nominato quotidianamente in TV o nei media sia differente rispetto a quello indicato nel vostro mutuo.
Se risultate sottoscrittori di un mutuo a tasso fisso o variabile, il vostro tasso di riferimento non cambia anche se lo spread dei decennali aumenta.
Quello a cui bisogna porre attenzione, se volete decidere di sottoscrivere un mutuo a tasso fisso o variabile, sono le variazioni del tasso IRS ed Euribor. Questi ultimi sono correlati alle decisioni sui tassi della BCE.
Dobbiamo preoccuparci dello spread in risalita?
La risposta è no!
Quindi, a meno che non abbiate un portafoglio pieno di BTP o di azioni di istituti bancari lo spread non è qualcosa che deve preoccuparvi direttamente.
Prima di cadere vittima di false informazioni e allarmismi vari, cercate sempre di verificare da fonti affidabili l’entità di ciò che viene propinato dai media generalisti.
Se doveste avere ancora dubbi o spunti di riflessione in merito all’argomento vi invito a lasciare un commento nella sezione apposita.
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