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L’indice FTSE MIB

L’indice FTSE MIB è uno degli indici prodotti da FTSE Russell, una filiale del London Stock Exchange Group che crea, mantiene, concede in licenza e commercializza indici di borsa.

FTSE MIB è l’acronimo per Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa.

Cos’è l’indice FTSE MIB?

Il FTSE MIB è il principale benchmark del mercato azionario italiano ed è basato su una serie di regole costantemente presidiate dalla FTSE Italia Index Series Technical Committee.

L’indice rappresenta la componente large cap dell’indice FTSE Italia All-Share, ossia le società a larga capitalizzazione. Il FTSE MIB è composto da società italiane ad elevata liquidità e comprende circa l’80% dell’intero mercato italiano per capitalizzazione.

L’Indice FTSE MIB misura la performance di 40 società per azioni quotate su Borsa Italiana cercando di mantenere una buona ampiezza in termini di settorialità del mercato azionario italiano.

È stato creato per essere adatto al trading di futures e opzioni, come indice di riferimento per ETF e per il monitoraggio di titoli a grande capitalizzazione del mercato italiano.

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Quali sono le caratteristiche principali dell’indice italiano?

Scopriamo di seguito qualche interessante caratteristica del nostro indice.

L’indice FTSE MIB è stato lanciato nel secondo trimestre del 2009 ed è ponderato in base alla capitalizzazione di mercato dopo aver rettificato i componenti per il flottante. Esso viene revisionato su base trimestrale, in particolare a marzo, a giugno, a settembre e a dicembre.

I pesi dei singoli componenti sono limitati al 15% per evitare una eccessiva concentrazione.

L’indice in questione non tiene conto dei fattori ESG (Environmental, Social, and corporate Governance).

La sua dimensione è di circa 400 miliardi di euro: la più grande componente ha una capitalizzazione di mercato di circa 47 miliardi di euro, mentre la più piccola di circa 650 milioni di euro. Mediamente le società che compongono l’indice FTSE MIB hanno una capitalizzazione di poco meno di 10 miliardi di euro.

Già solo le prime 10 società che compongono l’indice rappresentano circa il 65% dell’intero FTSE MIB.

Per quanto riguarda i settori principali, invece, la suddivisione è la seguente:

  • bancario (18,5%);
  • utilities (16,5%);
  • energia (13,8%);
  • automobilistico (13,2%);
  • beni e servizi industriali (12,1%).

Nell’immagine qui in basso possiamo vedere tutte le società costituenti dell’indice al 31 Marzo 2022 con il relativo peso.

società di consulenza finanziaria Conviene investire nell’indice FTSE MIB?

Abbiamo già ampiamente discusso in altri articoli delle caratteristiche che deve possedere un portafoglio di investimento efficiente.

Una delle più importanti è sicuramente la diversificazione.

Maggiore è la diversificazione e minore è il rischio specifico. Quest’ultimo sappiamo essere uno dei pochi rischi di un investimento che è riducibile o addirittura eliminabile, appunto attraverso una corretta diversificazione.

Il rischio, come sappiamo, è legato indissolubilmente al rendimento.

Investimenti più rischiosi della media, se nelle giuste proporzioni e scelti con le dovute accortezze, possono essere impiegati in portafogli particolarmente aggressivi per cercare extra rendimenti.

In questo caso specifico, tuttavia, l’extra rischio dato dalla scarsa diversificazione (40 aziende appartenenti al medesimo Paese) non avrebbe portato a significativi extra rendimenti sul lungo periodo. Lungo periodo che diamo per scontato, avendo ipotizzato un portafoglio aggressivo.

Lo vediamo nella figura qui sotto che rappresenta l’andamento del FTSE MIB dal 1992 al 2012. O, per essere più precisi, rappresenta l’andamento degli indici che hanno preceduto il FTSE MIB fino al 2009 (in particolare il Comit 30, il Mib30, e l’S&P Mib) e poi del FTSE MIB a partire dal 2009.

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Facciamo un esempio concreto per capire se davvero conviene investire nel FTSE MIB o comunque solo sull’indice italiano.

Supponiamo di aver investito 10.000 euro dal 1992 al 2012 nel nostro indice:

  • dopo 10 anni avremmo avuto circa € 25.000;
  • al suo massimo avremmo ottenuto circa € 50.000 (nei primi mesi del 1999);
  • dopo 20 anni avremmo avuto circa € 18.000.

Se la medesima somma la avessimo, invece, investita sull’indice S&P 500 che replica le società americane a maggior capitalizzazione:

  • dopo 10 anni avremmo avuto circa € 20.000;
  • al suo massimo avremmo ottenuto circa € 36.000 (verso metà 2007);
  • dopo 20 anni avremmo avuto circa € 35.000.

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Il FTSE MIB: le conclusioni

Con questo articolo abbiamo trattato un pezzo di storia del mercato azionario italiano.

Abbiamo inoltre ribadito come una corretta pianificazione finanziaria e un portafoglio accuratamente diversificato possano fare una significativa differenza, specialmente su orizzonti temporali lunghi.

Le nostre scelte di investimento sono spesso frutto di meccanismi automatici difficili da intercettare e bloccare. In questo caso specifico parliamo di bias di familiarità o home bias che, essendo noi italiani, ci spinge ad investire nel mercato nazionale a discapito della diversificazione.

La consulenza finanziaria indipendente serve anche e soprattutto per superare questo ed altri ostacoli di natura psicologica o emotiva.

Il ruolo del consulente finanziario autonomo è infatti quello di mantenere un lucido distacco nelle sue valutazioni e permettere quindi all’investitore di compiere scelte supportate da elementi oggettivi e razionali.

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